Che fai tu, uomo, dimmi, sulla Terra?
E perché mi guardi?
Come un pastore, erra
perpetuo il tuo pensiero, senza sosta.
Ancor non sei tu pago
di porti domande su domande?
Ancor di mente tua, ancor sei vago
d’esplorare le lande?
Somiglia alla tua vita
la vita della luna.
Senza fermata alcuna,
movo pe’l cielo il gregge mio, guardando
giù greggi di uomini;
dire non so se mai dovrò finire
d’andare e di venire.
Dimmi, o uomo: a che vale
alla luna il suo andare,
il vostro andare a voi? Dimmi: ove tende
esto girar mio eterno,
il tuo vagar sì breve?
Bianca sfera, rugosa,
dalla duplice faccia,
pesante si move sopra ogni calle,
ogni montagna e valle,
ad un solo tempo attratta e respinta,
senza conoscere pace, senza requie,
un solo volto svela,
corre via, corre, anela,
varca l’oscura volta
sospinta dal sole, che sempre insegue,
senza poso o ristoro,
ché mai s’arresta il moto suo perenne,
ch’ella non può sperare
in nessun altra vita se non questa,
sempre la stessa, uguale,
andare e venire, venire e andare…
Uomo terrestre, tale
è la vita immortale
Provar non so emozione,
nessuna gioia sento, né dolore.
Nel petto non ho cuore
che scandisca il ritmo dell’esistere.
Nessuno che stia intorno,
nessuno di cui io senta il bisogno.
Sto; non muto, né cresco.
Vado; ad altro non riesco, e pur sempre
a me stessa io basto,
in questo ciel sì vasto
nessuno con me, ed io con nessuno.
È l’esser mio digiuno
di felicità, ché di pena casto.
A che tutto il mio fasto?
A chi devo dar luce?
Pallido luminare nella notte,
non servo a dar calore,
non serve il mio bagliore…
Fragile uomo, tale
è lo stato immortale.
Ma tu mortale sei,
e certo del mio dir poco ti cale.
Pur tu, uomo, del mondo indagatore,
che cerchi conoscenza, forse intendi,
questo vagar celeste,
quest’eterno mio ritorno, che sia;
che sia questo andar, questo immutevole
moto senza fermata,
e non saper cosa sia un’emozione,
e non poter giovar di compagnia.
E tu forse comprendi
il perché delle cose, e vedi il senso
della rivoluzione
che noi astri siam costretti a compiere.
Forse tu sai perché non posso uscire
da questo mio girone,
ché non posso fuggire più lontano,
che questo non è vano.
Mille cose sai tu, mille discopri,
che son celate alla sublime luna.
Spesso quand’io ti miro
nascere, patire, amare, morire,
su quella vasta e rumorosa terra,
e alzare al ciel lo sguardo
e di notte vedermi comparire
e accender le tue luci come stelle;
dico tra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’uomo mortale, quel profondo
pensante animale? A cosa quella
loro vita palpitante? A che, io?
Così meco ragiono: e infin capisco
che tu sei fortunato,
ma certo lo ignori; ché tu non puoi
conoscere, in fondo, la vita mia;
ma io, che son da sempre, ti conosco.
Non più fra quei di bosco,
ma in alberi d’acciaio adesso vivi,
eppure come allora
senti tutto il tuo essere animale
e la chiamata a ciò che non sei ancora.
Questo io conosco e penso:
che fra gli eterni giri
e l’esser tuo sì frale,
un solo giorno intenso
preferirei all’esser sempre uguale.
When is a cheese not what it seems? When it’s a fake parmesan.
Italy’s renowned parmigiano reggiano, favoured for finishing off bowls
of pasta and rocket salads, is one of the most counterfeited cheeses in the world.
Now its manufacturers have found a new way to hit back against the lookalikes: by adding microchips.
The move is the latest innovation from the Parmigiano Reggiano Consortium (PRC), the association which oversees production, which has been trying for a century to fight off cheaper imitations that do not follow
the exacting requirements to make the real deal.
The cheese, which can trace its history back to the middle ages, gained
the EU’s prized protected designation of origin (PDO) status in 1996.
Under those rules parmigiano reggiano – the only kind which can be
called parmesan within Europe – must be made in a small part of northern Italy,
including in the provinces of Parma and Reggio Emilia.
Cheese and chips