La pandemia non è terminata, anche se non è più in prima pagina. Tuttavia, trascorsi due anni dal suo inizio, è possibile iniziare a riflettere sul fenomeno in modo più esteso e non solo con interventi estemporanei. Anche quando sono di qualità, infatti, non possono far altro che illuminare una parte infinitesimale della questione. Tra i saggi che provano a offrire uno sguardo di sorvolo sul fenomeno Covid-19 c’è Sars-Cov-2. Questioni bioetiche di Luca Lo Sapio (Tab Edizioni, Roma), uscito nel settembre 2021. Lo Sapio è bioeticista, insegna presso l’Università di Napoli “Federico II” ed è studioso prolifico. Più che una recensione, vorrei qui richiamare alcuni passaggi del testo che mi hanno maggiormente colpito, lasciando al lettore, se riesco, il desiderio di approfondire in prima persona.
Scritto con uno stile chiaro che nulla però concede alla semplificazione, il libro è il tentativo di esplorare alcune questioni bioetiche rilevanti emerse dalla pandemia: lockdown e diritti della persona, equa gestione delle risorse sanitarie, pratiche mediche, consenso informato e fine vita, vaccini e brevetti, la privacy, la comunicazione pubblica, il ruolo dei governi. In questo senso, allora, come indicato dall’autore stesso, il lettore può scegliere tra i vari capitoli quello o quelli che più pertengono ai propri interessi, trovando un discorso in sé concluso. Ma questo è solo un livello possibile di lettura, pur utilissimo. Tale indirizzo, a mio avviso, rischia di perdere di vista il cuore di questo lavoro, che consiste nella ricerca attorno a un’etica della pandemia, in cui tutti gli aspetti sopra menzionati siano condotti a una unità-plurale, data da una nuova piattaforma morale, adeguata al nostro tempo.
“il libro è il tentativo di esplorare alcune questioni bioetiche rilevanti emerse dalla pandemia“
In tale prospettiva, il testo di Lo Sapio dialoga direttamente con autori quali Van Rensselaer Potter, tra i padri fondatori della bioetica, o Hans Jonas autore del celebre Il principio responsabilità, nel quale si asseriva che «il futuro dell’umanità costituisce il primo dovere del comportamento umano collettivo nell’era della civiltà tecnica divenuta, modo negativo, “onnipotente”». In altri termini, anche se le pandemie non costituiscono, da sole, una minaccia per la sopravvivenza di sapiens, nondimeno possono essere esaminate sotto il profilo etico, dice Lo Sapio, come precursori di rischio esistenziale.
Per far questo, però, occorre che la bioetica acquisti o riacquisti uno sguardo ecologico, capace di immaginare strategie per consolidare e aumentare le possibilità di sopravvivenza dell’uomo sul pianeta, poiché – come ricorda ancora l’autore – non vi è alcuna indispensabilità ontologica della nostra specie: il cosmo può fare a meno di noi. Una citazione dal testo aiuterà a chiarire questo passaggio, a mio avviso fondamentale nell’economia metodologica del discorso di Lo Sapio: «Tra la bioetica intesa come “riflessione intorno al comportamento umano nell’ambito delle scienze della vita e della cura della salute alla luce dei principi e valori morali” di Reich e Callahan e la bioetica intesa come scienza della sopravvivenza capace di mettere in dialogo scienze biologiche e scienze umanistiche, al fine di offrire all’uomo contemporaneo strumenti per aumentare le proprie chance di sopravvivenza di Potter e Jonas è, senz’altro, prevalsa la prima. Tale esisto, che ha contribuito senza dubbio all’avanzamento di una medicina anti-paternalistica e all’affermazione del consenso informato e della centralità delle preferenze dell’individuo in relazione a temi come aborto, fecondazione assistita o eutanasia ha, però, in alcuni casi, contributo al ritardo nella messa a tema di alcune questioni (in particolare quelle ambientali). [….] La pandemia di SARS-CoV-2 è un oggetto che solo una bioetica rinnovata può mettere a tema in maniera adeguata. Solo un “eco-bioetica” può pensare le interconnessioni tra umani e animali non umani, individuo e collettività, Paesi ricchi e Paesi poveri, sanità globale e sanità territoriale, che la pandemia ha fatto emergere o, in alcuni casi, ha consentito di mettere in evidenza» (pp. 36-37).
“Solo un eco-bioetica può pensare le interconnessioni tra umani e animali non umani, individuo e collettività, Paesi ricchi e Paesi poveri”
Il discorso condotto nelle righe precedenti deve sollecitarci, secondo l’autore, ad assumere una prospettiva etica improntata all’umiltà evoluzionistica, capace di tradursi in un’etica di specie – che si pone come obiettivo la conservazione e la promozione di condizioni adatte alla sopravvivenza di sapiens che sia, al contempo, un’etica interspecifica, cioè un’etica che assume le alterità non umane (quelle presenti e quelle future) come oggetto di considerazione morale.
La pandemia, del resto, ci spinge alla ricerca di un approccio bio-etico all’altezza del tempo presente anche per la sua stessa essenza. In primo luogo, ricorda opportunamente Lo Sapio, le pandemie sono eventi naturali i cui effetti possono essere amplificati dalle nostre azioni: pensiamo, ad esempio, alle interconnessioni globali che hanno accelerato la diffusione del virus, agli allevamenti intensivi, la distruzione di habitat selvatici ecc. Detto altrimenti, stavolta nel mio linguaggio: l’uomo ha eretto un “mondo 2”, artificiale, sopra un “mondo 1”, quello naturale, per ridurne l’incertezza e usarlo per soddisfare i propri bisogni. Tuttavia, il “mondo 2” ha assunto tali proporzioni e tanta problematica complessità, da risultare esso stesso fattore d’incertezza e pericolo. Questo deve farci ripensare l’intera impostazione del “mondo 2”. In secondo luogo, in linea col filosofo britannico Timothy Morton, Lo Sapio definisce la pandemia un iperoggetto. Con questo termine si indicano entità di dimensioni spaziali e temporali tali da mettere in discussione la nostra comune idea di oggetto: la pandemia è un oggetto non localizzabile univocamente, che include l’interconnessione con altre entità globali nella propria sostanza. Orbene, se la pandemia è un iperoggetto, per Lo Sapio comprenderla ed elaborare un’etica adeguata alla situazione sarà un’impresa iperumana, intendendo con tale termine non il ricorso a una sorta di Super-Uomo ma all’umanità comune che sa mettere a sistema intelligenze e saperi, consapevole che serve sfondare il muro del già pensato, del già detto, del già sperimentato, se vorrà sopravvivere alle sfide in cui è immersa.
È a partire da tale impostazione che Lo Sapio tratta in chiave bioetica, in modo circostanziato, informato e concreto (nella sua accezione più alta), i temi sopra richiamati (etica del lockdown, allocazione delle risorse sanitarie, il rapporto tra comunicazione massmediatica ed esperti, e così via); una trattazione che non posso ripercorrere in questo spazio in tutte le sue diramazioni ma che rappresenta uno strumento molto utile, non solo per leggere i fatti capitati da due anni a questa parte, ma anche per leggere attraverso di essi e guardare un po’ più lontano.
Il testo, di 215 pagine, è corredato da una breve prefazione del prof. Gianluca Giannini che ben compendia i motivi di fondo del saggio.