Monologhi

Cosa c’entra il TEMPURA giapponese con la Quaresima?

Scritto da Damiano Bondi

In qualunque ristorante o streetfood “asiatico” si trova il tempura (天ぷら, o in caratteri tradizionali 天麩羅), la frittura croccante di pesce e verdure che fa parte della tradizione giapponese.

Ma non vi sembra che questo nome sia poco asiatico (con quella “r” forte e quelle tre “sillabe” che già sono un po’ troppe) e ricordi molto il latino?

In effetti è così: si tratta di un calco geniale del latino tempora, con riferimento alle quattro tempora di digiuno e astinenza che la Chiesa Cattolica prevedeva all’inizio di ogni stagione.

Ormai caduta in disuso, la tradizione delle tempora traeva spunto a sua volta, probabilmente, da alcune celebrazioni rurali della Roma pagana. In ogni caso, all’epoca di Papa Leone I (440-461), si stabilì che in quattro settimane speciali dell’anno si osservasse il digiuno e l’astinenza dalle carni nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato.

le quattro tempora, ambito italiano, secolo XVI

La scansione di queste settimane ha subito modificazioni nel tempo, ad ogni modo ad ognuna di esse corrispondeva l’inizio di una stagione, con un suo “frutto della terra” corrispondente, e almeno tre erano legate a un tempo forte dell’anno liturgico:

  • tempo di primavera: prima/seconda settimana di Quaresima – fiori
  • tempo d’estate: prima settimana di Pentecoste – spighe di grano
  • tempo d’autunno: terza settimana di settembre (dopo l’Esaltazione della Santa Croce) – grappoli d’uva
  • tempo di inverno: terza settimana di Avvento – olio

È probabile, dunque, che il tempura sia nato quando i marinai portoghesi, e soprattutto i missionari cattolici (tra tutti, San Francesco Saverio), arrivarono in Giappone, nel XVI secolo. Essi dovevano osservare il digiuno delle tempora, ma avevano a volte bisogno di un piatto energetico per i loro lavori e spostamenti. Nei porti giapponesi (Nagasaki, ad esempio) il pesce veniva allora fritto direttamente nell’olio di riso, senza pastella; i portoghesi “insegnarono” loro una nuova tecnica di frittura, più nutriente, utilizzando una pastella di farina e uovo. Ed ecco a voi il tempura.

banchetto di tempura del periodo Edo (1603-1868), Fugakawa Edo Museum. I caratteri vanno letti da destra a sinistra.

Il nome in effetti testimonia questa stessa storia. Nella scrittura ideogrammatica tradizionale è formato da tre caratteri, 天麩羅.

Il primo carattere, 天 (tiān), significa “cielo”, “paradiso”.

Il secondo carattere, 麩, fa parte della parola “glutine” (麩質) e si riferisce quindi alla pastella di farina.

Il terzo carattere, 羅, sta per 羅甸, che significa “lingua latina”.

Quindi questo termine, oltre a costituire un calco fonetico il più vicino possibile al suono del latino “tempora” (anche se in origine probabilmente si pronunciava qualcosa come tiæn-fu-la), doveva richiamare alla mente un significato del tipo “pastella latina del paradiso”, o “fritto dei latini per andare in cielo”.

Un piatto ascetico insomma. Oppure così buono che “ti mette le ali”.

A voi la scelta, mentre lo mangiate. Buon tempura di Quaresima.

San Francesco Saverio e il suo seguito arrivano in Giappone, Kano School

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