Monologhi

Il coronavirus e il ritorno della Politica

Scritto da Damiano Bondi

L’Italia fantasma, da più di una settimana e per ancora almeno altre tre. Ce l’avessero detto un mese fa saremmo scoppiati a ridere!

Ma dai, come a Wuhan? (più o meno)

Con la gente barricata in casa e le vie deserte? (per l’appunto)

Con gli uomini mascherati tipo Gosthbusters che disinfettano le strade? (Esatto, proprio così, il 12 marzo a Codogno, paesino del lodigiano che rimarrà tristemente impresso nella memoria collettiva per diversi anni)

(Ovviamente in Cina sono avanti e hanno l’hoverboard, ma per il resto si somigliano…)

Insomma sono iniziati i primi casi, la Cina si è fatta moolto vicina, e in una manciata di giorni eccoci qua!

Chi non è tra il personale medico – che sta facendo gli straordinari ed è straordinario – chi non è tra le poche categorie di lavoratori ancora in servizio, si trova in pantofole sul divano a scrivere articoli, guardare serie, fare quei lavoretti in casa che sono anni che lo dico, portare a spasso il cane o forse sarebbe meglio dire il contrario, giocare con i bimbi, rigiocare con i bimbi, far fare i compiti ai figli, litigare con chi in casa sta scaricando file troppo grandi, fare videoconferenze, videolezioni, videochiamate, chattare e inoltrare immagini scherzose a tutti i contatti wa per esorcizzare la paura e sentirsi uniti eccetera. Sì perché la WIFI è il bene primario di questa quarantena del terzo millennio.

È un cambiamento schockante, che né la mia generazione (ho 35 anni) né quella dei miei genitori hanno mai vissuto… noi abituati all’Europa senza frontiere, all’apericena con gli amici, a spostarsi dove ci pare quando ci pare come ci pare e perché ci pare.

Com’è stato possibile che in una democrazia liberale si sia presa questa decisione così tanto illiberale da un giorno all’altro? È stato possibile grazie al potere della politica. Questa vecchia parola ormai dimenticata, sbeffeggiata, ridicolizzata dai diktat dell’economia globale, alla fine, nell’emergenza, è tornata in vita. Si è ricordata di essere qualcosa oltre che un termine buono per trovare lavoro, fare campagna elettorale, accaparrarsi poltrone stipendi e magari vitalizi: si è ricordata di avere un potere reale, e lo ha esercitato.

E non si intende qui il potere coercitivo delle forze di polizia, che all’occorrenza è necessario per far capire alla gente che si sta facendo sul serio; no, si intende il potere di decidere, di compiere un atto forte, dalle conseguenze tangibilissime, in barba a ogni altra considerazione di qualsiasi tipo tranne quella per cui lo Stato stesso esiste. Ovvero garantire la sopravvivenza dei cittadini.

Chi scrive, nel suo piccolo, è un ferreo sostenitore del diritto alla sopravvivenza come ragion d’essere della politica: se cade quello, cade la politica, cade lo Stato, non ha più senso. Noi “stiamo” in un certo ordine sociale principalmente perché la nostra e altrui sopravvivenza sia tutelata e garantita il più possibile. Infatti, quando la sopravvivenza dei cittadini è stata messa in pericolo, la politica si è risvegliata.

[Piccolo inciso sull’Unione Europea. L’Unione Europea, per statuto, non ha alcuna competenza in materia sanitaria, quindi le polemiche sull’assenza di azione a livello europeo sono abbastanza sterili. Però certe esternazioni di carattere economicista potevano e dovevano essere evitate. Qui si tratta di qualcosa di più importante dell’economia, e speculare sull’emergenza è vile. L’UE ha dimostrato ancora una volta che la sua natura “politica”, quella di cui stiamo discutendo, è molto debole. Se quando sarà tutto finito i neonazionalisti torneranno in auge, avranno le loro ragioni]

Non si tratta tanto, ribadiamolo, dell’alto valore civico e morale dello “stato sociale”, assistenziale e caritatevole, quanto del minimo punto fermo che caratterizza lo Stato in quanto tale: la garanzia della massima tutela del diritto alla sopravvivenza di tutti i cittadini, senza differenza di rango età sesso religione abbigliamento acconciatura. Quando questo diritto minimo è stato visibilmente messo in pericolo, allora ci siamo accorti che esiste, e la politica si è trovata a dover esercitare il suo dovere minimo, essenziale. Proteggere le fasce più a rischio da un possibile contagio, che potrebbe essere loro letale, non significa essere buoni e misericordiosi; significa ricordarsi che siamo animali politici, ricordarsi perché stiamo insieme e ci diamo delle leggi, ricordarsi che la prima regola per non rischiare di ucciderci è: non uccidersi. Tutta l’umanità, senza questa politica, è una fascia a rischio.

Poi certo, se salta Internet c’è la guerra civile ma vabbè.

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Damiano Bondi

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