Monologhi

Il Papa contro la musica moderna

Scritto da Damiano Bondi

ovvero perché il Rock’n’Roll è una categoria dello spirito

Non c’erano i Måneskin, non c’era Uto Ughi, non c’era Sanremo, non c’erano neanche i Beatles, nemmeno Elvis né Ozzy Osbourne… ma c’era il Papa e c’era il Rock’n’Roll.

E si combattevano.

Siamo nel 1323-24. Il gregoriano è in crisi, minacciato dall’insorgere della polifonia, e l’allora Pontefice Giovanni XXII cerca di arginare questa perniciosa rivoluzione emanando il decretale Docta Sanctorum Patrum.

«Alcuni discepoli di una nuova scuola – scrive – si applicano a creare con nuove note melodie di loro invenzione, anziché cantare quelle antiche […] spezzano le melodie con singhiozzi (hoquetis), le impiastricciano con controcanti, talvolta le infarciscono di tripli e mottetti in volgare […] per il gran numero di quelle note rimangono oscurate le sobrie salite e le controllate discese del canto fermo».

E continua con una reprimenda contro l’Ars Nova che non è altro che l’eterna lamentela contro il Rock’n’Roll: è tutto rumore, tutto casino, questi urlano e basta, non è musica.

«corrono e non si fermano; inebriano le orecchie e non recano guarigione; simulano con gesti esterni quello che pronunciano; così si trascura quella devozione che si dovrebbe ricercare e si propaga quella lascivia che si dovrebbe invece evitare».

Tanto per capirsi, il Papa ce l’aveva con musica come quella di Guillaume de Machaut, che alle nostre orecchie suona quanto di più tradizionale si possa concepire, ma che alle sue faceva l’effetto di Painkiller dei Judas Priest.

In fondo, ci tocca ammetterlo, aveva ragione Celentano: il “rock” e il “lento” sono sempre esistiti, sono categorie dello spirito e della cultura, e sempre ci sarà qualche boomer, matusa, beghina, tradizionalista, chiamateli come volete, che ce l’avrà con la “musica nuova” in nome dei sani “valori (musicali) di una volta”.

Volete un’altra prova? Aprite le Leggi di Platone, Libro III, e leggete: «con il passare del tempo, i poeti diventarono i signori incontrastati delle trasgressioni compiute a danno della musica, poeti per indole naturale, ma ignoranti del giusto e del lecito in poesia, e colti da furore bacchico e invasi dal piacere più del necessario, mescolavano insieme i treni con gli inni, e i peani con i ditirambi, e imitando con la musica della cetra quella del flauto, e confondendo tutto con tutto, pur senza volerlo, dicevano delle menzogne contro la musica a causa della loro ignoranza, e cioè che la musica non ha alcuna norma, e che qualunque persona – buona o cattiva che sia – può giudicarne il valore dal piacere che gli procura». 

Mi torna in mente un dibattito in TV del 1969 in cui Battisti, accusato dai critici di turno di non avere “doti vocali” né una “voce gradevole”, alla fine tagliò corto e disse “Oh, sono tre ore che state a parlare e non si è concluso niente. Io propongo delle cose, vi emozionano, vi piacciono sì o no? Sì? Bene, mi fa piacere, sotto maestro con la base!”

Ci consenta però il Molleggiato di fare un passo oltre la sua acuta teoresi. Il fatto è che il Rock’n’Roll, pur concependosi come puro, in realtà esiste grazie a chi lo contesta. La sua forza eversiva è direttamente proporzionale alla resistenza contro cui si scaglia. È come per l’Eros: se non c’è l’ostacolo, se non c’è lo scandalo, esso finisce per morire, non ha più senso di esistere, si sfibra. Il suo senso è dato da ciò contro cui si oppone. Davvero, allora, Rock’n’Roll never dies? Paradossalmente, potrebbe morire proprio nel momento del suo trionfo: quando tutti i tabù sono caduti, quando non c’è più un Platone, un Papa, un invidioso bacchettone di turno, contro chi dovremmo urlare rivendicando i diritti delle sensazioni e delle distorsioni? Oggi quelle che mezzo secolo fa venivano percepite come “vere” trasgressioni non fanno più molto effetto, sanno di già visto, di già sentito: possono risvegliare uno spirito ribelle in qualche giovane, ma poco di più. Le sensazioni dominanti possono essere conformiste e conformate come e più dei “vecchi” costumi, questa è la tragica scoperta del nostro rock stantio. Dovremmo allora ricercare delle nuove “Leggi”, almeno nella musica, per poterle poi infrangere di nuovo?

Può darsi. Perché quando la montagna è erosa, nessuna roccia può più rotolare.

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Damiano Bondi

3 commenti

    • “Io sono un sostenitore del….come si chiama… rock”.

      Beh, c’è chi vide nel concerto di Bob Dylan di fronte al Papa un segno della fine della Chiesa, che si piega ai tempi moderni ecc ecc.
      Niente di già sbagliato. Era la fine del rock, semmai.

  • Però….quello stesso Bob Dylan che si è rifiutato di ritirare il Nobel …ha pur accettato di suonare dinanzi al Papa. Chi lo avrebbe mai detto!?
    C’è unità, oppure una Kehre, tra l’ uno e l’altro Dylan?
    Una volta, ad un seminario di filosofia organizzato da una filosofa filoheideggeriana, un relatore si mostrò scandalizzato perché il Papa si era detto
    filorock…..E, tra il pubblico, una studiosa che conoscevo si disse sconcertata dal pregiudizio antirock di quel
    relatore. Quando la smetteremo di ostracizzare le predilezioni estetiche altrui?
    Se, ad esempio, io ammetto di ascoltare la Pausini o Gigi d’Alessio merito di essere bannato?

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