Monologhi

Il “Transumanesimo” è stato coniato da Dante

Scritto da Damiano Bondi

Se ci fosse bisogno di sapere cosa è il transumanesimo, riportiamo qua sinteticamente alcuni principi fondamentali dell’Associazione Italiana Transumanisti:

1.  L’umanità sarà radicalmente trasformata dalla tecnologia del futuro.Si prevede la possibilità di ri-progettare la condizione umana in modo di evitare l’inevitabilità del processo di invecchiamento, le limitazioni dell’intelletto umano (e artificiale), un profilo psicologico dettato dalle circostanze piuttosto che dalla volontà individuale, la nostra prigionia sul pianeta terra e la sofferenza in generale.
[…]
4.   Sosteniamo il diritto individuale di espandere le capacità fisiche ed intellettuali e di aumentare il controllo sulla propria vita. Aspiriamo ad una crescita personale ben al di là delle limitazioni biologiche a cui siamo oggi legati.
[…]
5.   La perdita di potenziali benefici, a causa di tecnofobia e proibizioni immotivate, sarebbe una tragedia per il genere umano.
[…]”

Raymond Kurzweil, capostipite del transumanesimo

Ci sarebbe molto da approfondire su questo movimento ormai celebre, a partire dalla figura del suo principale fondatore, Raymond Kurzweil – autore nel 1999 di The Age of Spiritual Machine e oggi director of engineering per Google. Ma oggi, in pieno spirito patriottico e quasi allo scadere dell’anno di Dante, vogliamo concentrarci sul termine stesso. “Transumanesimo”, infatti, è letteralmente un conio dantesco. La storia è piuttosto interessante.

Trasumanar significar per verba non si poria

Paradiso 1, 70

Nel primo canto del Paradiso Dante conia questo geniale neologismo, “trasumanar”, per esprimere il superamento della condizione umana allorché ascende verso il regno celeste.

Nel 1817 sir Henry Francis Cary si trova a tradurre questi versi, per quella che poi diventerà l’edizione “classica” della Commedia in inglese in epoca vittoriana, e li rende così:

Words may not tell of that transhuman change

Divine Comedy, Par. 1, 70

Una meravigliosa edizione della Commedia in inglese tradotta da Cary e illustrata da Gustave Doré

Quindi partiamo da un verbo italiano, “trasumanar”, che diventa un aggettivo inglese, “transhuman change”… e arriviamo finalmente al sostantivo “transhumanism”: lo utilizza per la prima volta, nel 1940, il filosofo, storico e giurista canadese W. D. Lighthall, in un saggio sulla sua teoria dell’evoluzione cosmica, riprendendolo direttamente dal versetto dantesco tradotto da Cary e aggiungendovi una sua connessione con la Prima Lettera di Paolo ai Corinzi (1Cor 2, 9):

Over all, we should remember Dante’s supernal principle:
Trasumanar significar per verba Non si porria.
[“Words cannot tell of that transhuman change”]

and Paul’s Transhumanism: “Eye has not seen, nor ear heard, neither has it entered into the conception of man.”

W. D. Lighthall, The Law of Cosmic Evolutionary Adaptation: An Interpretation of Recent Thought’, Royal Society of Canada, Ottawa. Proceedings and Transactions / Mémoires et Comptes Rendus de la Sociéty Royale Du Canada 1940. ser. 3, v. 34, section 2, 135–41.

G. Doré, illustrazione per Paradiso I

Come si vede, nella sua primissima occorrenza il termine “transhumanism” viene connesso alla teologia paolina e ripreso dal paradiso dantesco. Sarebbe interessantissimo capire attraverso quali passaggi il termine sia poi arrivato a significare l’utopia tecnologica che designa oggi. Nella storia di questo processo, dovremmo certamente fare i nomi di Teilhard de Chardin e Julian Huxley. Ma come già detto, qui non ci interessa.

Ci basta aver ricostruito l’origine di un termine, e così aver riscoperto e ribadito che la cultura occidentale è più ricca e al contempo più unitaria di quanto spesso appaia.

(e anche che insomma, Dante lo si ritrova ancora oggi, e nei luoghi più inaspettati!!)

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Damiano Bondi

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