Chesterton dice, a proposito di San Tommaso, che non c’è appellativo più sbagliato per descriverlo di quello, celebre, di “dottore angelico”: Tommaso d’Aquino era un realista, quasi un materialista, confrontato con lo spiritualismo platonizzante allora in voga. Lo stesso potremmo dire di suor Angelica: sarebbe meglio chiamarla suor Carnale. In effetti, in paese è famosa come Don Angelica. Questo donnone robusto e paffuto è il vero parroco di San Miniato. La sua specialità è la tessitura. Fa la maglia, è vero, e questo è uno dei tratti più sorprendentemente femminili del suo carattere; ma ciò che sa tessere meglio sono le relazioni. È una specie di PR dell’Altissimo. Lei è il contrario della suora standard, della pia vecchietta in abito nero che con voce stridente ti chiede un favore “in nome di Dio”: Suor Angelica non chiede niente in nome di Dio, lei chiede proprio Dio, lo sfida a venirle incontro di continuo, e a salvarla all’ultimo momento quando sta per sbattere contro un muro. Lei va avanti per la sua strada, e se vuoi aiutarla devi andarle dietro; come fa Dio.
Suor Angelica è un tipo alla mano: soprattutto nel senso che, quando ha bisogno di una mano, chiede una mano. Non come tanti che prima descrivono il tuo bel viso, poi il loro così brutto, e infine cercano di cavarti un dente bianco perché a loro manca. Suor Angelica non percorre strade tortuose e melliflue, per far sì che tu faccia ciò che lei vuole quasi senza accorgerti che non sei tu a volerlo: no, lei va dritta al punto. Serve qualcuno stasera per giocare con i bimbi della Sorellanza? Bene, ti chiama: «Ciao, ho bisogno di te stasera per giocare con i bimbi. Ci sei?» Sì, «allora ti aspetto dopo cena». No, «va bene, ci vediamo presto». Punto. È praticamente impossibile avere tempo di elaborare mentalmente una qualsiasi scusa. Del resto, a lei non interessa sentirla. Se dici che ci sei, bene. Se no, meno bene, ma chiamerà qualcun altro. In questo modo, negli anni, suor Angelica si è circondata di persone che non sanno dirle di no, che se possono non inventano scuse, e se non possono cercano di rimandare altri impegni.
Il velo di suor Angelica è in realtà una vela: si muove in continuazione. Si direbbe che non riesca a starle sulla testa: lei se lo leva, se lo rimette, se lo riaggiusta, lo spiegazza, lo perde, mentre lo cerca scopre di averlo indosso da ore, e dà a lui la colpa dei suoi infiniti grattacapi. Sì, perché suor Angelica è tormentata dai pensieri: pensa di continuo, ma mai a quello che fa. Lei pensa a quello che farà. Mentre sta concretizzando un progetto, eccone un altro affiorarle alla mente: per non perderlo, bisogna subito metterlo in pratica. E quello vecchio? Lo lasciamo non finito, qualcun altro penserà a portarlo a termine. In effetti è così. Lei semina in continuazione, e chi le vuol bene si prende cura delle piante. Fino ad adesso, la Provvidenza e i volontari hanno contribuito a far nascere un bel giardino. Suor Angelica ogni tanto ne gode, alza gli occhi al cielo per ringraziare, li volge con gratitudine a chi le sta accanto; poi li riabbassa, e ricomincia a scavare e seminare, questo bue della fede.