Se suor Gioia passeggia e saltella, suor Agnese sta. Se suor Gioia è la melodia, suor Agnese è l’armonia, la struttura portante, le fondamenta su cui si regge l’intero edificio. Rappresenta il lato pratico e realista della Sorellanza, ma in senso traslato anche della Chiesa, e volendo del Cristianesimo stesso. La grandiosa metafora organicista e “federalista” di san Paolo, secondo cui la Chiesa, come un corpo, funziona bene quando ognuna delle sue parti svolge al meglio il proprio ruolo, si applica benissimo alle tre Sorelle: suor Angelica rappresenta i polmoni, suor Gioia il cuore, suor Agnese le operose mani. Se c’è un qualche guasto da riparare, eccola entrare nel suo stanzino privato pieno di attrezzi, e uscirne baldanzosa con quello giusto, pronta all’azione. Se c’è da murare qualcosa, eccola trasportare a spalla interi “ballini” di cemento, tirare fuori una bella sigaretta, e mettersi al lavoro. A proposito, suor Agnese è l’unica delle tre che lavora, “porta il pane a casa”. Mentre il resto delle entrate della Sorellanza deriva dalle offerte, Suor Agnese infatti dà un aiutino allo Spirito lavorando in pelletteria, insieme a omaccioni di ogni specie, che poi nel weekend si vedono spesso aggirarsi intorno alla chiesa, giocando con i bimbi o grigliando carni ad libitum. Naturalmente suor Agnese deve rendere il favore, ed è così che si giustifica quando la si vede seduta ai tavoli della Casa del Popolo impegnata in una partita a scopone, in cui, per l’occasione, la “Madonna” diventa la “Maremma”. In camera sua, accanto a un’icona del Cristo, tiene un poster del Che; e quando le sue mani non sono sporche di olio e calcina, la destra stringe quella del prossimo nel gesto della pace, mentre la sinistra freme per serrarsi in un pugno comunista.
Ora, non si creda che il ruolo di “tenuta”, anzi di “tenente” di suor Agnese si esaurisca nel mero ambito della praxis. Ad esempio, proprio lei detiene la vera autorità agli occhi dei numerosi e scalmanati bimbi della Sorellanza: una sua sola occhiata eloquente basta a sedare una rissa potenziale… e se proprio non bastasse, beh, abbiamo già parlato della possanza delle sue mani.
Ma il momento in cui emerge la sua autentica autorevolezza è quando una mamma se ne va dalla Sorellanza – perché fortunatamente ha trovato lavoro e può iniziare una vita indipendente con i figli. In queste occasioni si fa sempre una cena comunitaria di commiato, ed è suor Agnese che tiene il discorso finale. Sembra una stranezza rispetto alla descrizione che ne abbiamo fatto, e invece è il suo culmine naturale: perché una mamma che se ne va non lascia soltanto una stanza, non cambia semplicemente camera, non smette semplicemente di dare una mano in cucina; lascia tutta la casa. Ed è giusto che sia salutata da chi ne rappresenta le fondamenta, a nome di tutti. In questi discorsi suor Agnese ripercorre le tappe fondamentali della permanenza della mamma (e dei suoi figli) nella Sorellanza, e si capisce allora che la sua attenzione non si rivolge solo alle crepe dei muri, ma anche a quelle che nascono quando una ventina di donne provenienti da tutti gli angoli del globo si ritrovano sotto lo stesso tetto nella profonda Toscana. Suor Agnese ripara anche quelle, di crepe; in maniera discreta e non vistosa, come se tutta la casa si muovesse lentamente, dal basso, per riassestarsi. Ecco, suor Agnese è un po’ il sistema antisismico della Sorellanza; perché una casa, si legge, per non crollare deve essere costruita sulla Roccia. E suor Agnese questo è.