Alla Sorellanza, dato il numero di persone presenti – oscillante tra le 25 e le 35 –, vigono strette regole, che i bimbi imparano a rispettare al massimo dopo una settimana, ovvero non appena capiscono chi sia suor Agnese, e cosa sia capace di fare. Uno degli ambiti maggiormente regolamentati, naturalmente, è il bagno, il cui uso è consentito per un massimo di 15 minuti a testa. Essendocene soltanto tre, questo limite è risultato necessario per evitare stragi mattutine di innocenti – episodio evangelico che qui spesso sfiora la sua rappresentazione live. L’imprinting che suor Agnese ha causato sulla psiche infantile è tale che ormai i bimbi si autogovernano, passando dal ruolo di inquisiti a quello di gendarmi: anche nei momenti meno caotici la regola dei 15 minuti viene fatta strettamente rispettare, e ricordata spesso anche agli adulti. «Mamma esci dal bagno, sennò suor Agnese…».
Talvolta però questa disciplina severissima crea dei problemi. Come quando venne l’Emerito.
L’Emerito era appunto Vescovo emerito, piuttosto in là con gli anni, e con qualche problemino di regolarità intestinale – la sua autoironia lo spingeva a dichiarare che anche in quell’aspetto era ormai «ritornato come un bambino», come esortava a fare Gesù per conseguire la salvezza eterna. Alto ma ormai curvo, magro ma ormai ossuto, questo personaggio dalla voce grave veniva spesso in visita alla Sorellanza, legato com’era a suor Angelica da un rapporto pluriennale di amicizia e stima. Voci dicono che una cospicua parte delle offerte per la comunità provenisse in effetti dal buon cuore dell’Emerito: non lo sapremo mai, ma sulla bontà del suo cuore, dopo l’episodio in questione, non si hanno più dubbi.
Capitò insomma che in occasione di una di queste visite, il menù del pranzo prevedesse il fantomatico gulasch di Olga, la mamma ungherese allora ospite della Sorellanza. Questo piatto era talmente stimato, nella comunità, che si considerò opportuno farlo assaggiare all’Emerito. Senonché, dopo averlo mangiato, nel corpo dell’Emerito si consumò uno strano fenomeno di dissociazione tra il suo palato, che considerava il piatto gustosissimo, e il suo stomaco, che invece era di un’opinione assolutamente contraria. Dopo un acceso dibattito, forse per la potenza del suo eloquio, la spuntò lo stomaco, convincendo anche l’intestino a schierarsi dalla sua parte. Il risultato fu che l’Emerito dovette immediatamente alzarsi da tavola per dirigersi alla toilette, che si trovava al piano superiore. Nonostante innumerevoli sforzi, riuscì a raggiungere il luogo agognato appena in tempo per la funzione.
Al piano di sotto, intanto, il lauto pranzo continuava senza troppi intoppi, se non qualche intoppo intestinale. Anche suor Gioia, dopo una decina di minuti, dovette alzarsi per lo stesso motivo dell’Emerito, e si sistemò bellamente nel bagno accanto al suo. A conti fatti questa fu una fortuna, perché consentì di avere una testimone diretta dell’evento. Infatti, dopo poco, la natura chiamò il suo terzo eletto: Ester. Ester era una bimba ricciola e paffuta di sette anni, che dunque, orgogliosamente, andava ormai in bagno da sola. Si alzò quindi dal tavolo dei bimbi, non vista dalla mamma, e si diresse con piglio indipendente al piano di sopra. Ora, come tutti i bimbi, anche Ester aveva le sue cose “preferite”: e il suo bagno preferito, ovviamente, era proprio quello allora occupato dall’Emerito. Quindi la nostra donnina emancipata, prima di dirigersi al terzo bagno (il che avrebbe comportato un’altra rampa di scale da salire), decise di bussare educatamente alla porta del “suo”. Ne scaturì una voce bassa e profonda: «Occupato». Comprendendo chi fosse l’occupante, nella mente di Ester si accese all’istante il cronometro della Sacra Legge del Quarto d’Ora, e l’Emerito risultò esserne un vile trasgressore. Allora la nostra, con fare da giustiziere e una vocina esile ma decisa, disse: «HEY, VESCOVO! non lo sai che in bagno si può stare al massimo quindici minuti?». Passarono alcuni istanti eterni di silenzio, rotti solo dal rumore di uno sciacquone, mentre suor Angelica si catapultava fuori dal bagno per cercare di salvare la situazione. Ma quando uscì nel pianerottolo, vide invece la rappresentazione plastica del significato che la parola “autorità” dovrebbe avere nell’universo cristiano. Il Vescovo aprì la porta, con un portamento assolutamente signorile, poi si piegò verso Ester, le carezzò i capelli e disse: «Hai ragione bimba, scusa». Ed uscì. Giustizia è stata fatta!
Sull’afrore che poi accolse Ester, nessuno può dire niente. Forse solo lei. Forse.