di Rosaria Mautone*
Durante il colloquio suddetto, commentando il breve saggio di Nancy titolato Animalità animata, i tre partecipanti si trovano a ricordare alcuni momenti di una nota intervista del 1988, condotta proprio da Nancy e rivolta all’amico e maestro Jacques Derrida; il titolo scelto per la prima pubblicazione in inglese ‒ Who is coming after the subject? ‒ concentrava in poche parole il problema di partenza, quello del senso del chi, su cui si raccoglieva l’interesse di Nancy e Derrida per la questione del soggetto. Al momento della prima edizione l’intervista era stata tagliata e ricondotta all’argomento principale, perché diventata più ampia del previsto. Nancy racconta come dalla questione del soggetto, il dialogo avesse preso un’altra direzione ‒ per lui in modo inaspettato ma volutamente per Derrida ‒, deviando sulla questione del vivente e più precisamente dell’animale; in quella circostanza aveva chiesto a Derrida perché relegare la questione della soggettività, come rapporto a sé, al solo animale e non estenderla al vegetale –ipotizzando d’arrivare per la stessa via dal vivente fino all’inorganico (“Il faut bien manger”. O il calcolo del soggetto, Mimesis, Milano 2011). Nancy ammette inoltre di essere rimasto colpito dall’uso che Derrida aveva fatto del termine “irremovibile” a proposito della distinzione uomo-animale. Il contesto era stato dato da una domanda sul destino del linguaggio, in rapporto all’auspicio derridiano di uno sconfinamento dell’umanità nel più comprensivo regno animale; rispondendo a un così difficile quesito, Derrida aveva giudicato indéplaçable (“irremovibile” o nella traduzione meno letterale “inevitabile”) l’idea che l’uomo fosse l’unico a possedere il linguaggio nel senso della parola. In breve, una certa definizione del linguaggio escludeva di per sé che l’animale potesse possederlo. Passeranno quasi dieci anni prima degli interventi di Derrida a Cerisy-la-Salle per le conferenze su L’animale autobiografico (da cui verrà alla luce L’animale che dunque sono), con la sua critica alla logica dell’opposizione uomo-animale e all’etica antropocentrica.
Derrida aveva giudicato indéplaçable (“irremovibile” o nella traduzione meno letterale “inevitabile”) l’idea che l’uomo fosse l’unico a possedere il linguaggio nel senso della parola.
Nancy confida di aver sentito di dover ritornare a quell’“irremovibile”, senza però averlo fatto. Possiamo immaginare che Nancy si sia trovato spesso a dover considerare la questione animale senza tuttavia porla direttamente, che essa sia ritornata più volte e che il breve saggio sull’animalità sia stato un tentativo di circoscriverla per affrontarla o per dare una serie di chiarimenti su quanto tralasciato fino a quel momento. A partire da ciò, si propone di percorrere, con poche annotazioni ad alcuni dei suoi testi, il percorso che ha potuto avvicinare Nancy all’animale. Riflettendo sui concetti di esposizione e di finitezza, complementari a quello di esistenza, Nancy arriva a pubblicare, nel 1992, il libro Corpus, un testo sfacciato, descritto a ragione da Tarizzo come «l’opera forse più estrema e coraggiosa di Nancy» (D. Tarizzo, Il pensiero libero. La filosofia francese dopo lo strutturalismo, Cortina, Milano 2003, p. 113); con esso ha inizio il passaggio dall’“ontologia dell’esistenza” all’“ontologia del corpo”.
Uno dei risultati è il ripensamento del corpo come forma dell’anima – in un felice capovolgimento della definizione aristotelica ‒, cioè come struttura del rapporto di auto-etero affezione. L’idea che il corpo sia essenzialmente in rapporto a sé e agli altri corpi, si pone a fondamento di quella che Nancy chiama «un’ontologia del tra», espressione utilizzata per evitare che l’essere-con finisca per essere associato alla sostanza (J.-L. Nancy, Indizi sul corpo, Ananke, Torino 2009, p. 92).
Il corpo di cui parla Nancy è anzitutto un corpo animale-animato, senziente-vivente: corpo di piacere, di dolore, di desiderio. L’auto-affezione, come elemento cruciale nella caratterizzazione tradizionale del “Soggetto”, diventa etero-affezione di un corpo che fa ed è esperienza della propria alterazione. Lo stesso Derrida lo riconosce in Le toucher (2000), un volume dedicato interamente a Nancy. Il filosofo della différance, riporta tutta la filosofia del corpo di Nancy nell’orizzonte di una riflessione sul “tatto”, che, mediante il richiamo ad Aristotele, si presenta come il “senso dei sensi”, il “senso del vivente”, senza il quale nessun essere potrebbe vivere. Non la vista, metafora dell’intelligibilità del mondo, ma il tatto, sulla cui concretezza si radica il contatto con la propria e altrui pelle.
In alcuni momenti Nancy ha anche pensato alla sua ontologia come a un nuovo materialismo (si veda Il senso del mondo del 1993 o a Essere singolare-plurale del 1996); nuovo perché all’unicità della sostanza materiale vuole contrapporre la singolarità della materia. Per Nancy l’esistenza è materiale e la materia si differenzia ab origine, come materia inanimata e animata, strutturalmente affetta dall’alterità. La chiusura del saggio Animalità animata sembra rappresentare la logica conclusione del discorso appena fatto: «L’esistenza è […] l’animazione stessa che si dissemina in una varietà di forme e forze, l’anima è il corpo dell’esistere» (J.-L. Nancy, La sofferenza è animale, Mimesis, Milano 2019, p. 19).
L’auto-affezione, come elemento cruciale nella caratterizzazione tradizionale del “Soggetto”, diventa etero-affezione di un corpo che fa ed è esperienza della propria alterazione
Negli anni «l’ontologia dell’essere-finito» (J.-L. Nancy, Un pensiero finito, Marcos y Marcos, Milano 2002) prende forma come pensiero dell’esposizione del corpo,che diventa il denominatore comune dell’esperienza del vivente; a renderlo manifesto non è solo il dolore, ma anche il piacere. Il rapporto erotico diventa teatro di una Vita eccedente rispetto a se stessa e a qualunque finalità, «che desidera se stessa come rapporto tra i viventi» (J.-L. Nancy, Del sesso, Cronopio, Napoli 2016, p. 16). Non a caso la sessualità, animale e perfino vegetale, è diventata oggetto di alcuni tra i più recenti scritti di Nancy, come C’è rapporto sessuale – e poi (del 2006) e Sessistenza (2019); quest’ultimo ne rivela esplicitamente l’interesse ai fini di una riflessione sull’esistere inteso come slancio, apertura, desiderio, tensione verso il fuori, le cui tracce condurrebbero fino alla materia inanimata.
Se la vita si spreca, si eccede, in una molteplicità di forme di vita, la semplice opposizione uomo-animale non ha più ragion d’essere. Derrida usava il temine “animot” per segnalare differenze tra animale e animale, non meno degne di essere considerate di quella, unica, tra uomo e animale. Nancy, similmente a Derrida, non disegna in nessun luogo dell’essere la linea di separazione tra animale e uomo, ma neppure considera “labile” la distinzione. A dire il vero, lo stesso discorso varrebbe anche per la dicotomia vivente-non vivente, natura-tecnica, come dimostrano gli argomenti nanciani dell’ecotecnica, della protesi e dell’intrusione, che meritano uno spazio a sé. Per Nancy tutti gli esseri partecipano alla produzione di senso; questa idea, presente già ne Il senso del mondo e ne La partizione delle voci, entrambi del ’93, viene ripresa per rispondere alla domanda di Volpe e Filippi sulla necessità di ripensare il linguaggio oltre l’uomo – domanda in qualche modo simile a quella che lo stesso Nancy aveva posto a Derrida. Partage è il termine usato per indicare la condivisione e la comunicazione del senso tra tutti gli esseri.
Se la vita si spreca, si eccede, in una molteplicità di forme di vita, la semplice opposizione uomo-animale non ha più ragion d’essere
Per concludere, se non abbiamo abbastanza elementi per ricostruire un discorso sull’animale in Nancy probabilmente è anche perché egli in nessun luogo ha catalogato tratti unicamente umani per ripensare la questione del soggetto, opponendovi in maniera funzionale il discorso sull’animale; prova ne è il fatto che in Animalità animata l’“anima” – con tutto il suo passato filosofico e teologico ‒ compare nell’accezione di soffio. Per la stessa logica non si può neppure costruire un discorso “animalista”. Abbiamo abbastanza elementi, comunque, per ripensare l’animazione a partire da Nancy. Il volume del 2019 prende il nome “La sofferenza è animale”, una proposizione che dà l’impressione di fissare un punto d’arrivo: non più “l’animale soffre”, come si dice in risposta a chi ritiene di poter sostenere il contrario (il più famoso è sicuramente Descartes). Questa idea non sottrae nulla alla peculiarità della condizione umana: essa, soltanto, prende le mosse da un’irrequietezza e un’inquietudine comune agli esseri animati, e che in essa si manifestano come angoscia per l’inappropriabilità della vita e della morte nel tempo condiviso che separa il nascere dal perire. (J.-L. Nancy, la sofferenza è animale, Mimesis, Milano 2019, p. 34).
*Rosaria Mautone ha conseguito la laurea magistrale in Filosofia presso l’Università di Napoli – Federico II, con una tesi su Jean-Luc Nancy. Ha di recente pubblicato un saggio dal titolo L’anima e il corpo al di qua del dualismo delle sostanze. Per una lettura contemporanea dell’antropologia di Descartes, in F. L. Gallo (cur.), La dualità della natura umana in età moderna. Montaigne, Cartesio, Hobbes, IISF, Napoli 2021.
Confesso di non aver capito quale sia l’autore. Lanzieri o Mautone?
Gentile Professore, il sottoscritto ha curato pubblicazione ma l’autrice del testo è la dottoressa Mautone.