di Raffaele Dobellini*
Il Movimento 5 Stelle ha approvato il suo nuovo Statuto, a seguito di una intensa mediazione tra i sostenitori di Beppe Grillo e quelli di Giuseppe Conte. Il M5S ha avuto nella sua storia vari statuti. Di fatto non esiste un solo M5S, ma diverse associazioni, con medesimo nome e con fondatori e finalità parzialmente diverse, che si sono passate il testimone negli anni per la partecipazione alle varie competizioni elettorali. Gli statuti del M5S mostrano la lenta evoluzione, ancora in atto, del M5S da movimento virtuale anti-casta a partito strutturato dalla leadership scelta democraticamente e con riferimenti ideali chiari e definiti. Lo Statuto del 2009 era detto “non Statuto” e specificava che il M5S era una “non Associazione”, che rappresentava una piattaforma ed un veicolo di confronto e di consultazione, che aveva il “suo epicentro nel blog www.beppegrillo.it”.
Nel 2013, Beppe Grillo, il nipote Enrico Grillo ed Enrico Nadasi hanno dato vita, a Genova, all’associazione “MoVimento 5 stelle”, che indicava quali valori fondanti: libertà, uguaglianza, dignità, solidarietà, fratellanza e rispetto. Il “M5S di Genova” supera la struttura virtuale del “M5S non Associazione” e dichiara di ispirarsi “ai principi fondamentali di progresso e sviluppo nei riguardi dei tre soggetti a cui l’azione politica e sociale si rivolge:
- l’Individuo, quale persona e cittadino che decide di vivere in pace con altri individui;
- la Società civile, quale luogo nel quale la convivenza si esprime nelle sue forme economiche e nelle aggregazioni sociali spontanee;
- lo Stato, quale organismo laico che deve garantire la salvaguardia dei valori fondanti della società e lo sviluppo della possibilità individuali”.
Obiettivo del M5S era “la convivenza armoniosa tra gli uomini, attraverso lo sviluppo del talento e delle capacità personali dell’individuo, che deve trovare piena possibilità di cogliere tutte le opportunità realizzabili all’interno della Società civile, nel rispetto delle regole istituite dallo Stato nella sua fondazione”. Il M5S voleva costruire “un modello organico di società […] basata sui valori costituzionali dello Stato”.
Già dallo Statuto del M5S di Genova si coglie facilmente come espressioni quali “individuo”, “persona”, “cittadino”, “uomini” siano usate in modo pressoché equivalente ed interscambiabile. Il riferimento a concetti quali “modello organico di società” o di “società civile”, quale sinonimo di “società”, fa comprendere come, al di là di un costante richiamo all’individuo e alle sue libertà, effettivamente sia il pensiero di Rousseau (il cui nome è stato usato per la piattaforma online per le consultazioni del movimento) ad aver ispirato Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio nella creazione del M5S. Si può, infatti, affermare che il M5S fino al 2017-2018 si sia caratterizzato per essere una realtà “gentista”. La lettura dei primi due statuti (2009 e 2013) sembrano confermare, infatti, la tesi di Nadia Urbinati, secondo cui il M5S non sia da considerarsi un movimento antipolitico, né un movimento completamente populista, ma piuttosto un movimento gentista[1].
Tra gli studiosi, infatti, non si assiste ad una piena convergenze di opinioni circa l’identità del Movimento. Se c’è chi lo considera quale tipica espressione del populismo italiano, c’è anche chi per l’orizzontalismo che lo caratteristica esclude che possa parlarsi di un movimento compiutamente populista[2]. La tesi della Urbani può affascinare di più, proprio perché ricorda come Grillo raramente abbia parlato di “Popolo” e come abbia esercitato una leadership “nascosta”. Il termine “gentismo”, infatti, consente di tenere insieme alcuni tratti tipici del populismo, ma al tempo stesso cogliere le peculiarità del M5S.
Tra gli studiosi, infatti, non si assiste ad una piena convergenze di opinioni circa l’identità del Movimento
Il M5S che ha visto modificato il suo Statuto è quello fondato nel dicembre 2017, in vista delle elezioni del 2018. È opportuno, quindi, soffermarsi sulle differenze tra lo Statuto del 2017 e quello del 2021, tenendo presente che già quello del 2017 costituiva un tentativo di maggiore strutturazione rispetto ai due precedenti statuti. Che il M5S del 2017 non fosse quello del 2013 lo si desume facilmente dal fatto che lo statuto del 2017 all’art. 1 lett. b) prevedeva che “alla denominazione del “MoVimento 5 Stelle” potrà essere abbinato il simbolo, di proprietà dell’omonima associazione “MoVimento 5 Stelle” con sede in Genova, concesso in uso dalla medesima”. Pertanto, nel 2017 alla “non Associazione” virtuale del 2009 e all’Associazione (con sede in Genova) del 2013 si aggiungeva una nuova Associazione (con capo politico Di Maio e garante Grillo) con sede a Roma, alla quale l’Associazione di Genova concedeva in uso il simbolo.
Questo nuovo statuto sostituisce quello del 2017. Infatti, all’art. 1 lett. a), a scanso di equivoci, si cita anche il codice fiscale, che è quello del M5S del 2017. In questo nuovo statuto non si legge però che il simbolo è concesso dall’associazione grillina genovese. Anzi, si affianca all’attuale simbolo anche uno sostanzialmente identico, che differisce solo per l’inserimento in basso della scritta “2050”, su sfondo rosso. Non è la prima volta che uno statuto di un partito preveda più simboli, ma in passato questo avveniva sostanzialmente per tutelare il precedente simbolo, ormai in disuso, che risultava però sostanzialmente diverso dal nuovo[3].
Molti degli organi e dei relativi compiti ad essi affidati sono simili a quelli previsti dallo statuto del 2017. Gli organi, però, tendono ora ad essere quelli tipici di una qualsiasi associazione: Assemblea, Consiglio nazionale, Presidente, Collegio dei probiviri. Il Capo politico del 2017 è adesso definito Presidente e viene creato il Consiglio nazionale. A questi organi se ne aggiungono due, il Garante e il Comitato di garanzia, che costituiscono una peculiarità del M5S ed erano presenti già nel 2017.
Il Presidente, che ormai sembra scontato essere Conte, sarà eletto per 4 anni e sarà il rappresentate legale del Movimento. Potrà essere sfiduciato dal Garante (con il necessario avallo del voto degli iscritti).
Il Garante, che si suppone sarà Grillo, sarà eletto a tempo indeterminato, ma potrà essere sfiduciato su proposta del Comitato di garanzia e voto degli iscritti. Tutelerà il rispetto dei principi del Movimento e darà l’interpretazione autentica (“non sindacabile”) dello Statuto.
Come nel 2017, il Comitato di garanzia è composto da tre membri scelti dagli iscritti in un elenco di sei nomi proposto dal Garante. Detto elenco, però, potrà essere composto solo da iscritti eletti o ex-letti. Ciò, indubbiamente, rappresenta un superamento del noto principio “uno vale uno” e costituisce una delle maggiori novità rispetto allo statuto del 2017. In particolare, risulta considerevole il riferimento agli ex-eletti. È importante, infatti, come un movimento, nato e prosperato elettoralmente sulla polemica anti-casta, riservi agli ex-eletti la possibilità di entrare a fare di un organismo che ha nel M5S un marcato potere di indirizzo delle decisioni. Da notare, inoltre, come il Garante, quindi Grillo, deciderà sostanzialmente chi entrerà a far parte del Comitato di garanzia, unico organo che può sfiduciarlo.
La mediazione alla fine c’è stata. Le modifiche riguardano soprattutto la parte relativa ai valori di riferimento e solo in misura minore quelle strettamente organizzative. Conte, però, ha avuto un ruolo chiaro, con poteri ampi ed in linea con quelli di un normale segretario di partito. Grillo ha mantenuto immutate le sue prerogative, potendo infatti ingerirsi nella vita del M5S, direttamente o per il tramite de Comitato di garanzia (di fatto scelto da lui).
Del resto, l’Assemblea nazionale, che negli altri partiti è solitamente composta da un numero definito di persone elette dagli iscritti o dai rappresentanti degli stessi a livello infra-nazionale (es. Assemblee regionali), nel M5S è composta da tutti gli iscritti, che vengono consultati solo su decisione dei vertici.
Il Consiglio nazionale, come detto un organismo nuovo, non è eletto dagli iscritti, ma è composto da almeno 18 membri, che sono i vertici nazionali (es. Presidente, Vicepresidenti, ecc.), i rappresentanti degli eletti ai vari livelli (sindaci, consiglieri regionali, ecc.), dei presidenti dei Coordinamenti tematici. Il fatto singolare è che il Consiglio si esprime mediante pareri, più che con vere e proprie decisioni vincolanti per il Presidente. Mentre nelle altre realtà politiche l’Assemblea detta le linee strategiche e programmatiche, il Consiglio quelle operative e il Segretario/Presidente indirizza e guida la vita del partito, nel M5S gli organi assembleari (Assemblea e Consiglio) sono depotenziati e il potere decisionale e gestionale è, di fatto, accentrato nella triade Presidente-Garante-Comitato di garanzia.
I meet up sono citati nello statuto del 2021 in modo analogo a quello del 2017: sono solo un elemento di ispirazione, al pari dell’esperienza del blog www.beppegrillo.it o delle liste civiche certificate. Nascono, invece, i “gruppi locali”, che potenzialmente possono anche eleggere dei rappresentanti (ma non è obbligatorio). Gli iscritti possono aderire al gruppo locale del proprio comune o aderire solo al Movimento. Di fatto possono nascere (dove ci sono almeno 50 iscritti) delle sezioni, che però non vengono finanziate dagli iscritti ma dalla struttura nazionale. Agli iscritti, infatti, non possono essere chiesti finanziamenti di sorta, neanche la quota annuale di iscrizione.
Il M5S compie un ulteriore passo avanti verso la trasformazione in un partito con una organizzazione tradizionale. È da evidenziare come, del resto, le votazioni online sono previste obbligatoriamente solo per alcuni tipi di votazioni, per molte altre si sdogana il voto in presenza. Ciò che caratterizza lo statuto del 2021, quindi, è un iniziale (anche se non ancora pienamente compiuto) passaggio da una democrazia virtuale ad una effettiva democrazia partecipativa. È percepibile, però, ancora la diffidenza nei confronti degli strumenti della democrazia rappresentativa. Si sentono ancora gli eco dei “vaffa” alla “casta” politica. Il M5S sembra quasi aver paura di costruire una classe dirigente a tutti i livelli. Seguendo il citato ragionamento della Urbinati, potremmo dire che il M5S teme di diventare un partito propriamente populista (e quindi conferma il controllo del garante sul presidente, al quale sono però assegnati poteri rilevanti), ma non riesce ancora a strutturarsi in modo compiutamente democratico, facendo propri tutti gli strumenti di confronto e mediazione decisionale tipici dei partiti.
È percepibile, però, ancora la diffidenza nei confronti degli strumenti della democrazia rappresentativa. Si sentono ancora gli eco dei “vaffa” alla “casta” politica.
Il M5S rimane qualunquista (o se si vuole trasversale), ma abbandona temi cari al mondo populista (su trasparenza, legalità, democrazia diretta i toni si ammorbidiscono di molto. Questi temi restano solo quali vaghe ombre del passato). L’intento di Conte-Grillo è quello del passaggio da grillini a pentastellati, da gentisti a qualunquisti pragmatici, da partito di protesta a partito di amministrazione (aperto a collaborare sia con la destra che con la sinistra).
Dopo tre anni passati al governo del Paese al governo con Lega, PD e FI, sarebbe difficile continuare a qualificarsi come un movimento “fuori dal Palazzo”. Scompare pertanto un passaggio caratterizzante lo statuto del 2017: gli iscritti eletti quali parlamentari italiani si obbligano a rifiutare l’appellativo di “onorevole” e optare per il termine “cittadina” o “cittadino”. Del resto il tentativo di abbandonare il gentismo è espresso anche dal rinnegamento esplicito del “vaffa”. La “cura delle parole” diventa uno dei principi-valori del M5S. Si dice, infatti, espressamente che “la cura delle parole, l’attenzione per il linguaggio adoperato sono importanti anche al fine di migliorare i legami di integrazione e di rafforzare la coesione sociale. Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti”. Si ammettono addirittura i limiti del web e dei social, quando si afferma che “la facilità di comunicare consentita dalle tecnologie digitali e alcune dinamiche innescate dal sistema dell’informazione non devono indurre a dichiarazioni irriflesse o alla superficialità di pensiero”. E si giunge a riconoscere che “il dialogo profondo, il confronto rispettoso delle opinioni altrui contribuiscono ad arricchire la propria esperienza personale e l’esperienza culturale delle comunità di rispettiva appartenenza”.
I principi-valori inseriti nel nuovo statuto costituiscono, come detto, la novità principale. Se le struttura organizzativa è stato evidentemente il luogo del confronto tra “presidenzialisti” e “gentisti”, i nuovi valori di riferimento del Movimento esprimono il tentativo (forse non pienamente riuscito) di dare un’identità più definita ed evitare le accuse di eccessivo trasversalismo, che rischia, essendo arrivati nella stanza dei bottoni, di tramutarsi in “qualunquismo della poltrona”. Serviva, quindi, rimpinguare la parte valoriale che nello statuto del 2017 risultava alquanto scarna.
Tra i principi-valori occupano una posizione eminente “cinque stelle”, che orientano l’azione del M5S: i beni comuni, l’ecologia integrale, la giustizia sociale, l’innovazione tecnologica e l’economia eco-sociale di mercato.
Difficile considerare queste cinque “stelle polari” come dei principi/valori veri e propri. L’innovazione tecnologia non è, infatti, un valore, ma al massimo uno strumento o un obiettivo da perseguire.
Potrebbe essere interessante verificare dove questi “obiettivi” collocano il M5S sull’asse destra-sinistra. Difficile a dirsi. Alcuni principi sono comuni a culture politiche diverse. Sembra quasi che il M5S abbia volutamente scelto valori che possano mantenere il tratto di trasversalità ideale che ha caratterizzato il Movimento fin dalle origini[4]. Non va dimenticato che c’è chi ha evidenziato come il M5S sia nato come un “partito populista della sinistra ambientalista per poi spostarsi considerevolmente verso il centro”. Questa collocazione iniziale nella sinistra eco-populista sarebbe motivata sia dalla Carta di Firenze del 2009 (12 punti per le liste civiche “stellate”), che puntava quasi esclusivamente sulla ecosostenibilità dei comuni, sia dal fatto che Grillo si candidò alle primarie del PD o che i primi fuoriusciti dal M5S (es. Fava, Pizzarotti) si orientarono quasi tutti verso il fronte sinistro dell’arco costituzionale[5]. Analogamente c’è chi sostiene che questa iniziale collocazione a sinistra sia in qualche modo parziale perché l’unico vero elemento caratterizzante del M5S è il ruolo del garante Grillo[6]. Questo potrebbe trovare conferma nel fatto che il capo politico Di Maio non ha mai realmente sostituito Grillo nelle scelte strategiche Grillo, né lo ha fatto il reggente Crimi, mentre il presidente Conte ha dovuto prendere atto del ruolo quasi insostituibile di Grillo nella vita del Movimento.
La dimostrazione della difficoltà di collocare il M5S lungo il tradizionale asse destra (liberale, conservatrice o nazionalista) – sinistra (socio-liberale, socialdemocratica o socialista) sta nel fatto che nella presente legislatura, gli oltre cento parlamentari che hanno lasciato il M5S si sono collocati lungo tutto l’arco costituzionale, da Fratelli d’Italia a Sinistra italiana. Le “stelle polari” indicate nel nuovo statuto sono sintomatiche di questa trasversalità dei valori di riferimento. Sembra che si cerchi di mantenere la poca chiarezza delle origini in fatto di collocazione politica: “Il M5S non è di destra, né di sinistra, è dalla parte dei cittadini. Fieramente populista. Se una legge è buona la vota, se è cattiva non la vota, chiunque la proponga e chiunque voti le sue proposte di legge è benvenuto” (Blog, 14 dicembre 2013)[7].
Le “stelle polari” indicate nel nuovo statuto sono sintomatiche di questa trasversalità dei valori di riferimento
Ad esempio, l’economia eco-sociale di mercato è riferimento per tanti partiti europei, sia moderati (PPE), sia liberali (ADLE) e finanche per alcuni aderenti al fronte progressista (PSE). È bene, però, rammentare come il concetto di economia sociale di mercato sia nato nel mondo liberale e democristiano tedesco[8]. Non a caso che tra i maggiori propugnatori dell’economia sociale di mercato sia la Fondazione Konrad Adenaur[9] (cancelliere tedesco, co-fondatore della Comunità europea e leader della CDU, democristiani tedeschi).
La stessa giustizia sociale, poi, dipende dagli strumenti che si utilizzano per ottenerla ed è tema particolarmente caro a tutto il fronte “solidarista” (democristiani, socialisti e verdi).
Circa il termine “ecologia integrale” bisogna, poi, capire a cosa si fa riferimento con l’aggettivo “integrale”, se alla visione cattolica (il concetto di ecologia umana integrale è particolarmente caro a papa Benedetto XVI, come a papa Francesco[10]) oppure all’ecologismo populista (cfr. sembrerebbe prevalere questa seconda ipotesi, non facendosi mai riferimento all’ecologia umana e alla persona umana)[11].
Tre delle “stelle polari” su cinque (ecologismo, giustizia sociale, beni comuni) richiamano il citato mondo “solidarista”, anche se in modo vago. Le restanti due stelle (economia eco-sociale di mercato, innovazione tecnologica) hanno un portato più neutro/trasversale o, comunque, che sembra allontanare il M5S dalle originarie posizioni da “decrescita serena”[12].
La vaghezza di alcune espressioni rende, inoltre, difficile definire con precisione il campo ideale di riferimento del M5S. Ad esempio, tra i valori è inserito il “rispetto della persona umana”. L’espressione “persona umana” dovrebbe richiamare la Dottrina sociale della Chiesa cattolica (in altri contesti culturali si parla di individui, cittadini, esseri umani) ed il conseguente portato relazionale e comunitario. Invece il relativo paragrafo si conclude così: “Le libertà individuali sono un caposaldo di uno Stato laico. E dunque, tra i diritti e le libertà fondamentali, va ricompreso il pieno diritto ad amare e ad essere amati, nel rispetto delle identità sessuali e di genere”. Evidente il passaggio dalla “persona” del titolo, all’“individuo” del contenuto.
Questo solo per cogliere come la Carta dei principi e dei valori risulti solo un richiamo a parole forti, più che a contenuti ben precisi e definiti.
Indubbio, comunque, come su evidenziato, che l’intento dello statuto Conte-Grillo sia quello di “moderare” il M5S originario. L’esperienza di governo, nazionale e locale, e il conseguente incontro-scontro con la complessità dei problemi (ILVA, TAV, TAP), non consente la mera ripetizione delle proposte iniziali. Il M5S sembra abbandonare temi che lo avvicinavano alla sinistra radicale e modi, toni e principi da partito populista. Prova a definire un’identità da partito “innovatore” più che da partito progressista. Raccoglie parole “alla moda” (es. innovazione, ecologia) e le mischia con parole “sensibili” (pace, legalità, politica come servizio) per accattivarsi l’attenzione di ambienti diversi. Mette insieme un po’ di tutto, senza troppi estremismi e con un’organizzazione tanto burocratica e complessa, quanto accentrata nelle mani di pochi.
Le modifiche statutarie, sia in riferimento all’organizzazione, sia relative ai valori, pongono il M5S di fronte ad una possibile evoluzione: essere un partito di centro pragmatico e laico-solidarista (neo-doroteismo di Conte)[13] oppure un movimento “orizzontalista” eco-innovatore (neo-grillismo)[14]. La prima scelta consentirebbe di parlare ancora di graduale evoluzione del M5S? Non costituirebbe, piuttosto, una sostanziale e definitiva rifondazione?
Forse è questa (oltre alla effettiva leadership del Movimento) la vera ragione dello scontro tra Conte e Grillo.
*Raffaele Dobellini è avvocato e funzionario pubblico
[1] N. Urbinati – Il “gentismo” del M5S – rivistailmulino.it, 25 giugno2015: “Il M5S ha rinunciato alla democrazia diretta e quindi ha voluto consolidarsi, non sciogliersi come neve al sole della stanchezza partecipativa. Ciò nonostante, però, non è mai giunto ad essere populista, perché i suoi capi sono restati nella sfera dell’opinione. Ciò comporta che i rappresentanti del M5S parlino ciascuno per sé, poiché il loro movimento non si è fatto partito e anche se i capi dell’opinione intervengono quotidianamente, redarguendo, dando ordini, minacciando e cacciando i rappresentanti del M5S sono comunque lasciati a se stessi, e la sola disciplina che hanno è quella che viene dall’opinione fondativa: la stessa che li ha portati ad aderire al movimento di Grillo, ovvero l’attacco alla corruzione e alla casta politica. […] Ricordiamo, per esempio, che non appena nacque la democrazia in Italia, alla fine della guerra, con essa nacque il movimento dell’Uomo qualunque contro la classe politica. Il M5S rientra in questa attitudine, anche se in un tempo diverso, dopo che la corruzione è stata sperimentata e subita per decenni. L’idea che propongo è che il M5S abbia il carattere non del populismo ma del “gentismo”. È reazione della gente comune contro gli adepti, dei cittadini ordinari che vivono la loro quotidianità nel privato e nel sociale, contro coloro che svolgono una funzione di direzione politica e che per questo non sono più gente comune. Non lo sono perché sotto i riflettori del pubblico e perché tentati dal privilegio e dal piacere che dà, cose negate ai cittadini comuni. “Noi cittadini” siamo la gente dei sondaggi, non i membri della casta, che anche in questo senso non sono “il pubblico”, la “gente”. “Noi generici cittadini” abbiamo una eguaglianza legale e di obblighi che è certa, non i membri della casta che invece tengono in mano gli strumenti della decisione e delle norme. Questo è il popolo del M5S. E l’espressione che meglio lo qualifica è, appunto, “gentismo”. Non è certo un caso, infatti, se Grillo non ha mai usato il termine “popolo” ma “gente” e “cittadini”. Questo spiega molte cose: per esempio l’impossibilità di identificarlo col populismo, e poi la sua resistenza nel tempo – perché il suo alimento (la corruzione) persiste. È “orizzontalismo” come voce di gente comune, a volte poco informata, a volte molto pressappochista, a volte sommaria, ma mai unificata sotto un’ideologia o una leadership-guida e in questo individualista e dissociata”.
[2] M. Tarchi – Dieci anni dopo. L’Italia populista e il caso Beppe Grillo – in Quaderni di sociologia: Populismo, antipolitica e sfide alla democrazia p. 31-49 – journals.openedition.org: “L’attribuzione di un carattere populista al movimento capeggiato dall’ex-comico è condivisa da molti studiosi, per i quali il Movimento 5 stelle (M5s) “dei populismi ha tutte le caratteristiche” (Zanatta, 2013, 141), il suo successo dimostra la “disponibilità di una parte significativa degli elettori europei a seguire la via populista” (Reynié, 2013, 243), il suo approccio ai problemi è “tipico della retorica populista” (Bordignon e Ceccarini, 2013, 435), così come il suo linguaggio (Chiapponi, 2012; Cosenza, 2013). Chi dissente, pur ammettendo che il M5s presenta una “diversa versione della retorica populista” e recupera “molti degli argomenti usati dai movimenti populisti”, sostiene che il suo progetto è “di dare voce e guidare la protesta senza però utilizzare le logiche e gli obiettivi che caratterizzano i partiti populisti” (Biorcio e Natale, 2013, 140). Vi è poi chi, pur riconoscendo che il “partito di Grillo” è per più versi assimilabile al populismo, ritiene che se ne differenzi per l’esaltazione dell’orizzontalità dei rapporti interpersonali e delle forme di democrazia diretta egualitaria reclamate a gran voce, che si instaurerebbero in una società rivoluzionata dalla logica del web e dalla sua affermazione universale (Corbetta e Gualmini, 2013)”.
[3] G. Maestri – Movimento 5 Stelle, nuovo statuto e nuovo simbolo per ripartire – isimbolidelladiscordia.it
[4] N. Maggini – Il bacino elettorale del M5s: caratteristiche socio-politiche e atteggiamenti tra continuità e mutamento – cise.luiss.it, 12 dicembre 2014: “L’elettorato potenziale del M5s mostra una perfetta equidistribuzione tra sinistra e destra: il 34,1% si colloca sulla sinistra dello spazio politico e il 33,2% si colloca sulla destra (mentre il 23,5% si colloca al centro e il 9,3% non si colloca). Questi dati sono molto simili a quelli dell’ondata post-elettorale del Panel Cise effettuata dopo le elezioni politiche [Maggini 2014; Maggini e De Lucia 2014]. Se si considera il bacino elettorale potenziale del M5s la forte trasversalità ideologica è quindi confermata: ciò significa che quando si passa da una mera possibilità di voto a una effettiva intenzione di voto, sono soprattutto i potenziali elettori di destra del M5s che defezionano verso altri partiti”.
[5] D. De Luca – Il Movimento 5 Stelle è di sinistra? – ilpost.it, 21 dicembre 2018: “È chiaro che fin dalla sua fondazione il Movimento 5 Stelle ha al centro della suo pensiero l’uguaglianza. Il suo motto, in pratica tradito molte volte, è e rimane “uno vale uno”. Quello dell’uguaglianza è un tema ricorrente in tutto il discorso politico del Movimento, dal quale discendono anche l’esaltazione dei beni comuni e della forza regolatrice dello stato, che deve essere ben gestito da funzionari onesti che siano tenuti lontani dall’influenza corruttrice dei privati”.
[6] M Barberis – M5s, l’ambiguità destra/sinistra è scritta nel suo Dna. Un libro-testimonianza spiega perché – ilfattoquotidiano.it, 21 ottobre 2019: “l’unico elemento che assicura l’identità e la continuità del Movimento è Grillo, l’attuale Garante. Il quale però, da quel ragazzaccio che è, d’ogni tanto cambia anima, la mette in lavatrice, la lascia nel cassetto per anni, ma prima o poi la ritira fuori, come ha fatto di recente con l’anima di sinistra, che ha riproposto asciugata e stirata giusto in tempo per fare il Conte bis”.
[7] M. Tarchi – Dieci anni dopo. L’Italia populista e il caso Beppe Grillo – idem
[8] M. V. Lo Prete – L’Europa, l’economia sociale di mercato che piace a Merkel e qualche aporìa – ilfoglio.it, 29 settembre 2014: “L’economia sociale di mercato è quell’insieme di tesi che informarono la politica economica tedesca nel secondo dopoguerra, cioè nel periodo del miracolo economico della Repubblica federale, “Wirtschaftswunder”. Non si tratta di un sistema teorico perfetto, ma di una formula nella quale sono confluiti col tempo filoni diversi come il liberalismo “ordinamentale” di Walter Eucken (scuola di Friburgo), le tesi di Ludwig Erhard (nel 1949 nominato ministro per gli Affari economici dal cancelliere Konrad Adenauer, scuola di Francoforte) e quelle di Alfred Müller-Armack (scuola di Colonia). Tutti autori che non condividono la concezione del liberalismo classico secondo cui la sola instaurazione della libertà economica porterebbe, in modo spontaneo, alla costruzione del miglior ordinamento possibile dell’economia e della società. E che però non vanno confusi genericamente con dei teorici del “compromesso socialdemocratico”. Ludwig Erhard, a proposito dell’espressione “economia sociale di mercato”, precisava: “I concetti di ‘libero’ e di ‘sociale’ coincidono, cioè quanto più libera è l’economia, tanto più è anche sociale”.
[9] https://www.kas.de/it/web/italien/soziale-marktwirtschaft
[10] G. Costa, P. Foglizzo – L’ecologia integrale – aggiornamentisociali.it, agosto-settembre 2015: “Da un punto di vista concettuale, papa Francesco assume il termine “ecologia” non nel significato generico e spesso superficiale di una qualche preoccupazione “verde”, ma in quello ben più profondo di approccio a tutti i sistemi complessi la cui comprensione richiede di mettere in primo piano la relazione delle singole parti tra loro e con il tutto. Il riferimento è all’immagine di ecosistema. L’ecologia integrale diventa così il paradigma capace di tenere insieme fenomeni e problemi ambientali (riscaldamento globale, inquinamento, esaurimento delle risorse, deforestazione, ecc.) con questioni che normalmente non sono associate all’agenda ecologica in senso stretto, come la vivibilità e la bellezza degli spazi urbani o il sovraffollamento dei trasporti pubblici. Ancora di più, l’attenzione ai legami e alle relazioni consente di utilizzare l’ecologia integrale anche per leggere il rapporto con il proprio corpo (n. 155), o le dinamiche sociali e istituzionali a tutti i livelli: «Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana» (n. 142). Si può quindi parlare di una dimensione sociale dell’ecologia, o meglio di una vera e propria «ecologia sociale [che] è necessariamente istituzionale e raggiunge progressivamente le diverse dimensioni che vanno dal gruppo sociale primario, la famiglia, fino alla vita internazionale, passando per la comunità locale e la Nazione»”.
[11]P.P. Cecchi – Svolta verde? Attenzione al populismo ambientalista – stradeonline.it, 30 ottobre 2018: “Con la crisi delle ideologie che si rivolgono al mondo umano, all’economia e al diritto come il socialismo ed il liberalismo, molti si rifugiano nella dimensione della natura, sperando di realizzare lì quella giustizia e quel benessere che non hanno trovato tra i loro simili. Come l’altro fuoco di paglia dei vari Partiti Pirata di cui si parlava anni fa, che proponevano una fuga dalla realtà umana materiale per passare a quella virtuale. Il problema è che il nostro livello di benessere è troppo elevato, troppo complesso per basarsi soltanto su quello che ci possono dare internet o la natura. Anzi, questa mentalità può essere pericolosa: il Movimento Cinque Stelle degli albori ha ottenuto i primi successi solo nell’Emilia Romagna della sinistra in crisi e si occupava quasi esclusivamente di internet ed ambiente, era incentrato proprio sulla fuga nel mondo naturale ed in quello virtuale, come dimostra anche la costanza con cui hanno proposto fin da subito il reddito di cittadinanza, dietro al quale si cela il disprezzo per il lavoro materiale ed industriale. L’ossessione di Beppe Grillo per le invenzioni miracolose che ci avrebbero fatto vivere come oggi ma senza inquinare, senza sfruttare risorse naturali e pure spendendo e lavorando di meno (le tante bufale che per anni ha diffuso nei suoi spettacoli, per intenderci) si è trasformata nella ricerca dei soldi facili, dal reddito di cittadinanza ci si è allargati alle tasse più basse, all’aumento dei servizi pubblici, alle pensioni generose”.
[12]M. Sebastiani – La decrescita secondo i 5 Stelle – lavoce.info, 26 aprile 2013: “La “decrescita” come programma (o almeno come valore) lanciato dal Movimento 5 Stelle non è questione banale, da relegare fra le sirene di un movimento in cerca (con ragguardevole successo) di consenso. Anche perché l’idea è accattivante, ma la sua realizzazione sarebbe tutt’altro che popolare. […] Suggestiva, dunque, l’idea dei grillini, e nobile. Ma utopica, almeno nella forma che viene comunicata. Questo non significa che dobbiamo restare dove siamo e lo stesso movimento fornisce utili “dritte”, almeno per iniziare a lavorare in casa nostra. Di fondo, una maggiore sobrietà, a cominciare da quella personale. In definitiva la veemente e sacrosanta battaglia contro i costi della politica va, credo, declinata anche nei termini più generali di condanna di ogni forma di ostentazione, da qualunque parte venga, inclusa dunque l’ostentazione (la volgarità) e la vacuità degli eccessi del consumismo. Sotto questo profilo, non si può non coglierne il contenuto educativo e augurarsi che sia efficace. Non so se e quanti elettori 5 Stelle siano consapevoli che tutto ciò vale anche per loro – speriamo di sì. Nella stessa direzione va l’attenzione per l’ambiente, la green economy e il risparmio energetico, i consumi pubblici verso quelli privati. Non so in che misura e in che tempi, ma questo frastuono può servire a sensibilizzare tutti noi. Non a convertirci alla logica della “decrescita”.
[13] A. Managò – Conte ad Atreju con il figlio: “Sono un papà e oggi è il mio turno, a chi lo lascio?” – agi.it, 21 settembre 2019: “Poi il commento sulla presunta vicinanza con il Pd: “Non l’ho mai frequentato, non ho mai avuto una tessera né partecipato ad un convegno. La mia formazione è al cattolicesimo democratico, un centro che guarda a sinistra”.
[14] G. Preterossi, G. Guzzi – Contro Golia: Manifesto per la sovranità democratica – ed. Rogas – Inciampi: “L’importanza di Grillo è stata quindi quella di essere vera autorità, prima anche con Casaleggio, e di essere come un significante vuoto, come trascendenza che sussume tutti a sé, come un soggetto unificante. Grillo è cioè l’assenza, ma senza quell’essenza non c’è niente. È un vuoto che si riempie in un secondo, che ritorna nell’agone politico dirigendo la vita “democratica” del Movimento non appena ne sente il bisogno. E questo distrugge tutta l’ideologia dell’uno vale uno, perché nel pieno dispiegamento dell’immanenza, dell’orizzontalismo, si manifesta neanche il principio moderno della sovranità politica ma proprio il principio dell’auctoritas”.